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Quando si può esser sicuri della morte di una persona?

Quando possiamo essere realmente certi della morte di una persona? Quale è il momento che separa la vita dalla morte?

Accertare l’esatto momento della morte di una persona costituisce un’importante attività di verifica, fondamentale per poter determinare una serie di effetti consequenziali (si pensi, tra i vari, alla possibilità di donare gli organi). Ma quando possiamo essere realmente certi della morte di una persona? Quale è il momento che separa la vita dalla morte?

La cessazione delle funzioni dell’encefalo

Per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio occorre fare riferimento a quanto contenuto all’interno della l. 578/93, del 29 dicembre 1993, recante le norme per l’accertamento e per la certificazione della morte.

Il provvedimento in esame chiarisce che il momento centrale per poter diagnosticare la morte di una persona è rappresentato dalla cessazione di tutte le funzioni dell'encefalo: solamente quando viene univocamente accertato tale evento, diviene inutile la prosecuzione delle attività di assistenza al paziente, considerato che il soggetto è da intendersi come defunto.

Morte in presenza di attività cardiaca

Sulla base di quanto sopra, si noti come sia possibile verificare alcuni casi in cui vi sia il soggetto sia tenuto in vita da macchinari artificiali, dando pertanto il via alla necessità di diagnosticare la morte, pur in presenza di attività cardiaca spontanea, attraverso diverse altre valutazioni.

In particolare, nella fattispecie sopra evidenziata, il soggetto può essere comunque dichiarato morto se ricorrono alcune condizioni fondamentali come:

  • l’assenza di attività elettrica da parte della corteccia cerebrale, verificata mediante tre misurazioni per almeno 30 minuti, sulla stessa striscia di carta;
  • la disconnessione del soggetto dal respiratore meccanico, al fine di effettuare una prova di apnea in grado di determinare l’assenza di alcun riflesso e un pH sanguigno minore di 7,4, con pressione parziale di anidride carbonica maggiore di 60 mmHg;
  • l’assenza nella rivelazione dei riflessi dei nervi cranici.

Nel caso in cui tutti e tre i passaggi di cui sopra diano esito negativo, si può parlare di morte cerebrale e, pertanto, si può procedere all’interruzione delle cure e all’eventuale espianto degli organi.

Chi e come si accerta la morte

L’attuale disciplina in materia prevede che nell’ipotesi di morte in azienda ospedaliera, si proceda con l’effettuazione di un elettrocardiogramma per 20 minuti consecutivi, all’interno del cui orizzonte temporale non si dovrà registrare alcuna attività cardiaca.

Peraltro, la Direzione medica dell’ospedale, nel caso in cui sospetti la morte cerebrale, convocherà un collegio composto da un medico legale, un medico specialista in anestesia e rianimazione, un medico neurofisiopatologo, che avrà il compito di valutare la simultaneità delle condizioni cliniche e strumentali di morte per almeno due volte, all'inizio e alla fine di un periodo di osservazione.

Se invece la morte è avvenuta al di fuori di un ospedale, è necessaria la presenza di un medico necroscopo che effettuerà una visita tra le 15 e le 30 ore dal decesso. Nel caso in cui sia presente un Collegio, la certificazione di morte competerà al medico legale (o, in sua assenza, a chi è stato designato a sostituirlo), nella sua qualità di medico necroscopo.

 

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