Morto prima della pensione, cosa succede ai contributi versati?

Molte persone ci hanno domandato che cosa accada ai contributi versati da quella persona iscritta a un fondo complementare, deceduta prima della maturazione dei requisiti pensionistici. In altri termini, cosa accade ai contributi versati nel caso in cui l’aderente muoia prima della maturazione dei requisiti pensionistici?

Cosa dice la legge

Una prima risposta ci è fornita dalla legge, con il d.lgs. 252/2005 che afferma che “in caso di morte dell’aderente a una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche”.

Insomma, il montante contributivo (ovvero, i contributi versati nel tempo e gli interessi) maturato al momento del decesso non sarà certo perso né assorbito dal fondo, bensì sarà destinato al beneficiario o ai beneficiari indicati dall’iscritto.

E se invece l’iscritto non avesse provveduto a indicare dei beneficiari?

In tale ipotesi, i risparmi previdenziali saranno destinati agli eredi testamentari (se c’è testamento) o agli eredi legittimi (cioè, quelli individuati dal Codice civile in mancanza di testamento e, dunque, coniuge, figli, ecc.). Nel caso in cui ci siano più eredi o beneficiari, salvo diversa indicazione da parte del deceduto la ripartizione del montante avverrà in parti uguali, salvo diverso accordo tra i destinatari degli importi.

Solamente nel più raro caso in cui non vi siano né eredi testamentari né eredi legittimi, le somme accantonate dall’iscritto verrebbero acquisite dal fondo nel caso di forme ad adesione collettiva, o devolute per finalità sociali come stabilito da apposito decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nel caso di fondi ad adesione individuale.

La pensione indiretta

Quando muore un lavoratore che non è ancora arrivato alla pensione, gli eredi possono avere diritto a un trattamento chiamato pensione indiretta, da non confondersi con la pensione di reversibilità: le due cose non sono esattamente identiche, pur somigliandosi molto in alcuni aspetti.

Bisogna tuttavia tenere a mente che la pensione indiretta è una prestazione che il lavoratore che muore prima di aver maturato la pensione può lasciare ai suoi familiari superstiti: per questi ultimi, nono essendo ancora pensionato il defunto, la pensione di reversibilità – di fatti – non spetta.

Ad ogni modo, per lasciare ai familiari la pensione indiretta il lavoratore deceduto deve avere almeno 5 anni di contribuzione previdenziale versati, di cui almeno 3 versati negli ultimi 5 prima del decesso.

In alternativa a tale requisito, la pensione indiretta può concernere anche il lavoratore che ha già raggiunto il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi): dunque, se il lavoratore ha già maturato i 20 anni di contributi versati ma non è ancora pensionato perché non ha raggiunto l’età pensionabile di 67 anni, può sempre lasciare ai superstiti la pensione indiretta.

La possibilità può anche scattare nel caso in cui il lavoratore deceduto abbia accumulato 15 anni di contributi versati, a patto che abbia i requisiti utili per accedere alla pensione di vecchiaia con le deroghe volte per volta previste dal legislatore.

A chi spetta la pensione indiretta

La platea di beneficiari della pensione indiretta spetta alle stesse tipologie di familiari a cui sarebbe destinata la pensione di reversibilità. Dunque, la pensione indiretta spetta al coniuge superstite, anche se separato o divorziato. In questo ultimo caso è necessario che l’ex coniuge sia titolare di un assegno divorzile e che non abbia contratto un nuovo matrimonio.

In aggiunta a ciò, la pensione indiretta spetta anche ai figli del lavoratore, sia legittimati che naturali, adottivi o affiliati, legalmente riconosciuti o dichiarati, compresi quelli nati da un precedente matrimonio del coniuge del deceduto.

Per quanto concerne l’età anagrafica, possono avere diritto alla pensione indiretta i figli che alla data del decesso sono minorenni, maggiorenni se studenti di scuola media o professionale fino a 21 anni, i figli fino a 26 anni se studenti universitari in corso.

Altri familiari che possono avere diritto alla pensione indiretta a sono i nipoti minori se a carico del lavoratore nonno. Infine, se mancano coniuge, figli e nipoti, la pensione indiretta può essere concessa anche ai genitori del defunto se hanno un’età di almeno 65 anni e a condizione che non siano titolari di pensione.

Quanto spetta di pensione indiretta?

Per quanto poi concerne l’importo della pensione, la pensione indiretta è erogata in percentuale a seconda del soggetto a cui è destinata e commisurata alla pensione teoricamente spettante al deceduto alla data della morte.

Le percentuali da applicare variano in base alla categoria a cui appartiene il superstite ed alla composizione del nucleo familiare avente diritto:

  • coniuge solo: spetta il 60% della pensione del dante causa;
  • coniuge ed un figlio: spetta, in totale, l’80%;
  • coniuge e due o più figli: spetta, in totale, il 100%;
  • un figlio: spetta il 70%;
  • due figli: spetta, in totale, l’80%;
  • tre o più figli: spetta, in totale, il 100%;
  • un genitore: spetta il 15%;
  • due genitori: spetta, in totale, il 30%;
  • un fratello o una sorella: spetta il 15%;
  • due fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 30%;
  • tre fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 45%;
  • quattro fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 60%;
  • cinque fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 75%;
  • sei fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 90%;
  • sette o più fratelli o sorelle: spetta, in totale, il 100%.

La riduzione della pensione indiretta

L’importo della pensione indiretta, come sopra calcolato, può essere ridotto se il superstite avente diritto possieda redditi propri superiori a limiti specifici.

In particolare, la riduzione della pensione indiretta non viene effettuata se il reddito del familiare superstite avente diritto non supera di 3 volte il trattamento minimo INPS.

Se il limite viene superato, la pensione indiretta è ridotta del:

  • 25%, nel caso in cui il reddito superi 20.107,62 euro (3 volte il minimo Inps), ma non superi 26.810,16 euro (4 volte il minimo Inps);
  • 40%, se il reddito dell’interessato supera i 26.810,16 euro ma non i 33.512,70 euro (5 volte il minimo Inps);
  • 50%, se il reddito del pensionato supera i 33.512,70 euro.

Il trattamento che deriva dal cumulo dei redditi con la pensione indiretta non può comunque essere inferiore a quello che spetterebbe per il reddito pari al limite massimo della fascia immediatamente precedente. La pensione indiretta, in ogni caso, non viene ridotta se nel nucleo familiare sono presenti figli minori, studenti o inabili.

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