Si chiamano Death cafè, sono nati a Parigi e a Londra, e sono da qualche tempo sbarcati anche nel nostro Paese. Ma di cosa si tratta? E perché questo genere di avvenimento potrebbe realmente prendere (positivamente) piede pure in Italia?
Che cosa sono i Death cafè
Il Death cafè è un evento pubblico, privo di qualsiasi scopo di lucro, in cui i partecipanti (generalmente, sconosciuti tra di loro) si incontrano per poter parlare liberamente del tema della morte, mentre consumano cibo e bevande: valutata l’origine londinese del fenomeno, tradizionalmente si accompagna tale meeting degustando dei tè e delle fette di torta, sebbene non vi sia un’etichetta culinaria specifica in tale materia.
I Death cafè vengono generalmente organizzati all’interno di locali pubblici come bar e ristoranti (spesso, semplicemente presi in affitto, senza che vi sia un diretto coinvolgimento dei proprietari), e hanno ottenuto un crescente successo nel corso degli ultimi cinque anni.
Dove nascono
La nascita dei Death cafè risale al programmatore Jon Underwood, che sulla base delle esperienze avviate dal sociologo francese Bernard Crettaz, ha rotto il muro di segretezza che ruota intorno al tema – tabù della morte, con l’obiettivo di incrementare la consapevolezza su questo fenomeno e, così facendo, vivere più pienamente e più serenamente la propria vita.
Con tali auspici, nel 2010 si tenne il primo Death cafè a Parigi e, quindi, l’anno successivo una serie di raduni interessò Londra. Nel 2012 si tenne invece il primo evento del genere negli Stati Uniti, a Columbus (Ohio), mentre nel 2014 il fenomeno sbarcò in Asia, ad Hong Kong. Si conta ora che ogni anno si organizzino centinaia di diversi Death cafè in tutto il mondo. Italia compresa.
I caffè della morte in Italia
Come anticipato, il fenomeno dei Death cafè in Italia è piuttosto recente, e sicuramente in grado di compiere da apripista, con le proprie prime sperimentazioni, a quel che potrà essere nel prossimo futuro.
Uno dei primi esperimenti nazionali è qualche tempo fa organizzato a Mantova, dove l’associazione La Stanza di Psiche, dopo alcuni incontri più raccolti, ha pianificato il primo “caffè dei mortali” attraverso un appuntamento aperto, a cadenza mensile. L’evento ha riguardato il bar Zerottanta di via Chiassi 6, divenuto il locale nel quale organizzare gli incontri.
Ma servono veramente?
Considerato che il fenomeno è del tutto nuovo nel nostro Paese, è difficile poter capire se un simile esperimento possa inserirsi in maniera proficua all’interno del nostro tessuto culturale.
È tuttavia opportuno, fin da queste prime “anticamere” dello sviluppo dei cafè dei mortali, rammentare che non si tratta di un luogo di conferenze o di un gruppo di auto o di mutuo sostegno, sebbene all’interno del meeting sarà presente un facilitatore di conversazione. Si tratta infatti di un mero spazio, accogliente e riservato, dove poter parlare liberamente di un tema fin troppo spesso relegato a un ambito di segretezza. E, forse, già questo è sufficiente per poterne attribuire una non irrilevante valenza.