Stando ai dati recentemente pubblicati dall’Istat, nel 2021 in Italia sono morte 709.035 persone, 37 mila in meno rispetto al 2020 ma 63 mila in più rispetto alla media del quinquennio precedente alla pandemia da Covid-19. Dunque, il 2020 rimane l’anno picco in termini di decessi, con la morte di 746.146 persone, più di 100.000 decessi in aggiunta rispetto alla media dei cinque anni precedenti, per il dato più alto mai registrato dal secondo Dopoguerra ad oggi. Complessivamente, nei due anni tra l’inizio della pandemia e gennaio 2022 sono morte 178 mila persone in più rispetto alla media dello stesso periodo 2015 – 2019.
Considerato che nello stesso periodo le statistiche sanitarie evidenziano la morte di poco più di 150 mila persone causa Covid, ne deriva che ci sono altre 25 mila persone (circa) che potrebbero essere morte in più per altre cause, o che potrebbero essere perite per Covid, ma sfuggite alle statistiche “ufficiali”.
Dunque, le statistiche Istat ci permettono di comprendere quale sia stata la sovramortalità, ovvero quante persone siano morte in più rispetto alla media passata e, in particolar modo, nel lustro precedente l’avvento della pandemia. Non si tratta solamente di morti dirette per Covid (cioè, persone che sono decedute a causa del virus o la cui presenza del virus è stata un fattore di aggravamento delle condizioni di salute delle stesse), bensì anche delle morti indirette, che sono state determinate dalla saturazione del sistema di emergenza, verificatosi soprattutto durante la prima ondata dell’epidemia.
Più nel dettaglio, l’Istat ha spiegato come la mortalità sia significativamente diminuita a partire dalla ventesima settimana del 2021, in seguito all’aumento delle somministrazioni del vaccino contro il Covid-19. Sia sufficiente ricordare come nel 2021 la maggior parte dei decessi (82%) sia stato riscontrato nei primi quattro mesi dell’anno, quando la popolazione non era sufficientemente protetta. Da maggio in poi, invece, la mortalità si è molto ridota, soprattutto nella fascia maggiormente colpita (quella da 80 anni su).
Ad ogni modo, nonostante il rallentamento della mortalità, i dati statistici ci confermano come siano gli anziani la classe di popolazione più esposta al rischio di morire a causa del Covid-19. Le morti delle persone con più di 80 anni sono state pari al 72% di tutta la sovramortalità, mentre le morti nella fascia di età tra i 65 e i 79 anni costituiscono il 21% della sovramortalità.
Ora, confrontando i dati di cui sopra con quelli del 2020, nel 2021 è stato segnalato un aumento più contenuto nel Centro (+1%) rispetto al Mezzogiorno (+ 4,8%) nell’eccesso di mortalità. Di contro, nel Nord si è verificata una drastica contrazione (-13,2%), che risulta essere determinata soprattutto dal picco della base statistica rilevata l’anno prima.
Peraltro, è proprio questo studio che permette di confrontare l’effetto delle diverse ondate epidemiche di Covid-19 in termini di eccesso di mortalità. Si scopre in questo modo che nella quarta ondata l’impatto della mortalità stato molto più contenuto rispetto alle ondate precedenti. Pertanto, nonostante la rapida crescita del virus rispetto alle varianti precedenti, e nonostante la Omicron sia più contagiosa rispetto alle precedenti, nel periodo compreso tra il 1 ottobre 2021 e il 31 gennaio 2022 sono stati segnalati 250 mila decessi, 40 mila in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una contrazione del 13%.
I morti di Covid e i morti con Covid
Quindi, è possibile compiere un ulteriore passo in avanti esaminando le analisi delle schede di decesso relative ai deceduti nel 2021. Un’analisi che permette di comprendere se effettivamente la sovramortalità sia stata determinata da persone morte “di” Covid o con “Covid” e, dunque, comprendere se la presenza del virus nell’organismo sia stata la sola ragione del decesso.
In un campione di circa 6.500 schede analizzate dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 90% dei casi il Covid è stato segnalato come causa direttamente responsabile del decesso, smentendo pertanto le opinioni di chi sostiene che il Covid non fosse decisivo nel determinare la morte di una persona. A maggiore rafforzamento di tale convinzione, si noti come le statistiche sono praticamente identiche a quelle del 2020.
Dunque, in nove casi su dieci, le schede hanno riscontrato delle complicazioni che sono tipiche a quelle del Covid-19, come la polmonite, l’insufficienza respiratoria o il distress respiratorio acuto.
Evidentemente, la mortalità è stata molto più intensa nel momento in cui il paziente presentava anche altre morbilità. Dall’esame delle schede è infatti risultato come il Covid fosse l’unica causa responsabile del decesso in circa un caso su quattro (23%), mentre nel 29% dei casi il paziente ha presentato una concausa. In quasi un caso su due (48%) si è riscontrata più di una concausa.