magliette commemorative

Magliette commemorative e altro abbigliamento: esplode la moda funebre

Una delle tendenze che sta maggiormente prendendo piede nel settore delle onoranze è quella dell’abbigliamento funebre: che si tratti di felpe o di magliette, sempre più persone desiderano celebrare la persona defunta con un capo che possa essere indossato, al fine di disporre di qualcosa di tangibile sul loro caro estinto.

Di norma le magliette commemorative hanno una foto della persona che è morta o un disegno aerografato che viene accompagnato da parole come “Rest in Peace“, “In Loving Memory” o equivalenti, spesso scritte in uno stile che ricorda i graffiti e le incisioni.

Alcune persone potrebbero pensare che indossare una maglietta a un funerale o a una cerimonia commemorativa sia irrispettoso, ma in molte aree urbane, negli Stati Uniti come altrove, in realtà le magliette commemorative sono un modo popolare per rendere omaggio ai propri cari che sono morti.

Ma quali sono gli utilizzi di questi capi di abbigliamento?

In realtà, così come la tendenza è apparsa in tutto il mondo in modo frammentato, vario è anche l’uso di questi capi, con le persone che possono indossare magliette commemorative mentre si trovano da soli in casa, oppure mentre ci si reca in luoghi pubblici, comunicando in questo modo il proprio lutto e il piacere di ricordare una persona cara.

Le magliette commemorative possono inoltre essere colorate, avere altre immagini come colombe o corone, contenere foto della persona deceduta. Insomma, tutto ciò che rappresenta la persona deceduta può essere incluso in una maglietta commemorativa.

L’abbigliamento funebre, un’usanza che viene da lontano

Anche se la tendenza può sembrare strana per alcuni, le culture di tutto il mondo hanno spesso abbracciato diversi stili di moda come maniera per rendere omaggio ai morti. Si pensi, tra le usanze oramai più riconosciute in molti Paesi del mondo, Italia compresa, alla tradizione – tramandata da secoli – di indossare il nero ai funerali.

Come molte cose che facciamo senza sapere perché, anche questa tendenza è peraltro iniziata con i romani, il cui abito di riferimento più formale era la toga. Ebbene, molti dei colori delle toghe erano sostanzialmente già di pertinenza di alcune contesti: si pensi alla toga di colore cremisi, ricamata in oro e indossata da generali e imperatori vittoriosi, a quella più candida – spesso strofinata con il gesso per darle un aspetto lucido – che veniva indossata dai candidati alle cariche pubbliche, mentre quella di lana marrone, grigio scuro o nera veniva indossata ai funerali. Dei vari colori, è proprio il nero il colore ad avere avuto maggiore connessione con il lutto.

Alcune regine medievali ruppero gli schemi e indossarono il bianco durante il lutto, ma le rigide regole sociali dell’Inghilterra vittoriana, quando indossare il nero il più a lungo possibile divenne una moda maniacale, contribuirono a definire il nero come il colore del lutto preferito dal mondo occidentale.

Le donne vittoriane iniziarono poi ad ammantarsi di semplici e pesanti abiti chiamati “widows weeds”, in cui ricami e pizzi non erano ammessi: al vestito era attaccato un velo nero fatto di garza rigida e opaca. Sopra venivano indossate cuffiette nere. Intorno ai polsi, le donne indossavano gioielli fatti di carbone, il cosiddetto jet, che era, ovviamente, nero. In un medaglione o in una spilla infilata in una collana di pietre nere c’era spesso una ciocca di capelli strappata al defunto.

Tutto ciò che riguardava il funerale stesso era tinto di nero: carta intestata, buste, carta per appunti, biglietti da visita, utensili da portata, fazzoletti. Le bibbie erano rilegate in pelle nera marocchina e la servitù indossava bracciali neri.

Capi alla moda per vestire i morti

Peraltro, c’è anche chi ha fatto di più. Una stilista australiana di nome Pia Interlandi ha tempo fa creato una propria linea di abiti da “morte” chiamata “Garments for the Grave“, divenendo una sorta di avanguardista nella moda da onoranza funebre.

Il corpo non diventa improvvisamente uno zombie – ha dichiarato Pia in un’intervista – Mio nonno non era nel corpo, ma questo non significa che non mi interessasse il suo corpo. Il corpo è ancora un’entità fisica in cui si coinvolge la persona. Una volta superato lo shock iniziale di vedere qualcuno che si ama morto, si diventa più tranquilli e ci si concentra sull’atto metodico di vestirlo. Il fatto di vestire è che si tocca il corpo, quindi ci si trova immediatamente in una situazione molto più intima“.

L’esperienza di vestire i corpi dei suoi nonni ha contribuito a definire la sua ricerca e a ispirare Pia verso la sua linea di abbigliamento unica.

In tal senso, mettere una fotografia reale o un’immagine aerografata del defunto su una felpa commemorativa con cappuccio o su una maglietta commemorativa è inquadrabile nello stesso approccio che la stilista ha cercato di raggiungere, divenendo un tentativo di tenere vicino e ricordare qualcuno che se n’è andato.

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