Il becchino è l’addetto al trasporto e alla sepoltura dei morti. Chiamato anche necroforo o, in termini meno cordiali, beccamorto, la sua denominazione ha spesso sollevato dei dubbi curiosi e delle perplessità. Insomma, perché il becchino si chiama proprio così?
Becchino, colui che becca i morti
Il termine becchino deriva dal verbo beccare ma, evidentemente, ma non nel primo senso suggerito dalla Treccani, che è quello di prendere il cibo con il becco, bensì come sinonimo di acchiappare, acciuffare, prendere.
E così, esattamente nel modo in cui si prende un panino o un raffreddore, così il becchino prende i morti. Ancora più chiaro è, in questo senso, il termine beccamorto: colui che becca il morto.
È pur vero che questo termine, nel nostro lessico, non ha mai avuto grande fortuna: usare beccare come sinonimo di prendere non appartiene al registro più elevato che si possa utilizzare, con la conseguenza di rendere il termine beccamorto non certo dispregiativo, ma sicuramente non elegante.
Si suole dunque riferirsi al beccamorto come al becchino: il suffisso ino apre infatti un chiaro riferimento al mondo dei mestieri, evitando peraltro di parlare esplicitamente dei defunti, come invece fa il beccamorto.
C’è però un piccolo problema: il becchino, facendo riferimento al solo ruolo di prendere il morto, non descrive invece molto bene quello che realmente fa il becchino, se lo si considera – come avviene oggi – un addetto alle onoranze funebri e non un necroforo in senso stretto.
Chi è il becchino oggi
Il becchino è oggi inquadrabile come una persona che lavora per un’agenzia funebre o un cimitero: il suo lavoro è quello di preparare il corpo del defunto per la sepoltura o per la cremazione ma, come abbiamo qualche riga fa introdotto, non è certo escluso che il becchino possa occuparsi anche della preparazione dei servizi funebri e del supporto alle famiglie dei defunti, a seconda delle attività che sono previste all’interno dell’agenzia.
Con un ruolo così delicato, il lavoro del becchino non può che richiedere un’elevata serie di competenze e di conoscenze sia tecniche (come quelle che permettono di preparare adeguatamente il corpo del defunto) che relazionali (deve essere in grado di comunicare con consapevolezza con le famiglie dei defunti).
Ecco dunque che il lavoro del becchino – per quanto, ancora oggi, interpretato in maniera non positiva da una parte dell’opinione pubblica – è fisicamente, emotivamente e professionalmente molto impegnativo.
Come si diventa becchino
Per diventare becchino, o necroforo, è necessario conseguire una specifica preparazione tecnica e una qualifica riconosciuta, ottenibile dietro frequenza dell’apposito corso, della durata di 24 ore, con conseguente esame finale da sostenere al termine del percorso formativo.
Le giuste competenze, però, non bastano. Come sopra anticipato, infatti, il becchino dovrà mostrare delle importanti caratteristiche a livello personale e caratteriale: il becchino si relaziona infatti con la famiglia del defunto e, dunque, non potrà che mostrarsi con la cortesia, la discrezione e il rispetto che ci si attende, senza lasciarsi trasportare dall’emotività.