Spesso si sente parlare di eredità giacente in relazione al patrimonio oggetto della successione che non è ancora stato trasmesso agli eredi. Ma è davvero così?
Per comprendere di cosa parliamo, iniziamo con il rammentare che quando una persona muore, si apre la successione mortis causa: il suo patrimonio deve dunque essere trasmesso agli eredi, individuati tramite testamento o norme di legge.
I successori possono infatti essere:
- Testamentari, se sono indicati espressamente dal de cuius nelle sue disposizioni testamentarie
- Legittimi, se in mancanza del testamento sono indicati dalla legge. In questo ambito rientrano il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali e gli altri parenti sino al sesto grado.
In termini di nomenclatura, gli eredi testamentari o legittimi sono chiamati vocati, o chiamati all’eredità, poiché destinatari di vocazione – appunto – testamentaria o legittima.
Affinché i chiamati all’eredità diventino eredi, è necessario procedere all’adizione, o accettazione, di eredità.
A sua volta, l’accettazione dell’eredità può avvenire in due diverse forme:
- Pura: gli eredi rispondono dei debiti ereditari con tutto il loro patrimonio
- Con beneficio di inventario: i chiamati rispondono nei limiti dei beni contenuti nel compendio ereditario.
Ora, in questo contesto possono accadere diverse situazioni. Può ad esempio succedere che i chiamati all’eredità non abbiano accettato l’eredità, che i chiamati vi abbiano rinunciato o che non vi siano chiamati all’eredità o non si sappia se siano in vita e/o se esistano.
In tutti questi casi, considerata la situazione di incertezza, l’asse ereditario giace senza titolare. E si parla, pertanto, di eredità giacente.
Evidentemente, tale soluzione non può che essere considerata come provvisoria e temporanea, finalizzata a soddisfare le esigenze dell’eredità e dei terzi. Il più delle volte, infatti, sono i creditori del de cuius ad avere il principale interesse a che il suo patrimonio sia correttamente gestito al fine di recuperare il proprio credito.
A cosa serve l’eredità giacente
La successione si apre di norma con la morte del de cuius. Tuttavia, può capitare che tra questo momento e l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato possa trascorrere un significativo lasso di tempo: a titolo di esempio, rammentiamo come il termine entro cui il chiamato può adire l’eredità sia pari a 10 anni. E anche se l’accettazione ha efficacia retroattiva, con gli effetti che vengono fatti risalire al momento dell’apertura della successione, è anche vero che durante tutto il periodo di tempo in cui il chiamato all’eredità non accetta, l’asse ereditario rimane senza titolare.
È proprio per questo motivo che la legge – su richiesta degli interessati o d’ufficio – prevede la nomina di un curatore dell’eredità giacente affinché siano compiuti tutti gli atti di conservazione finalizzati a tutelare il patrimonio da eventuali pregiudizi e soddisfare così i creditori.
Quando si verifica l’eredità giacente
Per procedere alla nomina del curatore dell’eredità giacente è necessario che il chiamante all’eredità non abbia accettato e che non sia in possesso dei beni ereditari.
Per quanto attiene l’accettazione, ricordiamo come la stessa possa essere sia espressa (il chiamato dichiara di accettare l’eredità con atto pubblico o scrittura privata), sia tacita (il chiamato compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare come, ad esempio, la vendita di un bene ereditario).
Cos’è la giacenza pro quota
Nell’ipotesi frequente in cui vi siano più chiamati all’eredità e solamente alcuni di questi abbiano accettato, una parte della dottrina si esprime nei termini di una giacenza pro quota. Tuttavia, orientamento giurisprudenziale recente e prevalente non concorda con questa presa di posizione, affermando come una simile eredità non sia configurabile.
Se dunque alla dipartita del de cuius corrisponde la comparsa di tre figli come chiamati all’eredità, e solamente due su tre accettano, non sarebbe ammissibile la nomina di un curatore per la sola porzione dell’asse ereditario del figlio che non è accettato (né rinunciato, si intende). Cosicché, la funzione dell’istituto riguarda l’amministrazione e la conservazione dell’intero patrimonio, in attesa che lo stesso venga devoluto a chi ne ha titolo.
Dunque, per posizione giurisprudenziale prevalente, si ricorre alla nomina del curatore dell’eredità giacente solo se vi è la mancata accettazione dell’eredità da parte dell’unico chiamato o di tutti i chiamati.