Qualche giorno fa abbiamo parlato dell’eredità giacente, definendone natura e termini. Abbiamo anche introdotto – pur brevemente – il ruolo del curatore dell’eredità giacente, colui che dovrà prendersi cura del patrimonio del de cuius in attesa che gli eredi accettino o rifiutino l’eredità.
Ma come si nomina il curatore dell’eredità giacente?
La nomina del curatore dell’eredità giacente
La legge stabilisce che l’istanza per la nomina del curatore dell’eredità giacente possa avvenire da chiunque vi abbia interesse o d’ufficio.
Per quanto concerne la migliore definizione di chiunque vi abbia interesse, ci si riferisce generalmente a:
- chiamati all’eredità che non si trovano in possesso dei beni
- designati ulteriori, ovvero i chiamati all’eredità di grado successivo
- legatari
- creditori del defunto
- chi ha proposto o vuole proporre azioni contro l’eredità.
Cosa succede dopo la nomina
La nomina del curatore dell’eredità giacente può determinare diverse conseguenze molto importanti per le sorti del patrimonio del defunto.
In particolar modo, l’art. 460 c.c. stabilisce che il chiamato all’eredità che non abbia ancora accettato la stessa possa:
- esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari senza bisogno di materiale apprensione
- compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea
- farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conserare o la cui conservazione importa un grave dispendio.
La norma rammenta altresì l’istituto della saisine ereditaria, che a sua volta introduce il fatto che il vocato gode della legittimazione attiva nell’esperimento delle azioni possessorie, a prescindere dalla materiale apprensione del bene.
Insomma, il soggetto che non è ancora erede ma solamente un vocato, o chiamato all’eredità, si vede privato dei poteri di cui sopra in favore del curatore. È l’ultimo comma dell’art. 460 c.c. a ricordare, di fatti, che il chiamato non può compiere gli atti suindicati se si è provveduto a nominare un curatore dell’eredità.
Tra le altre conseguenze della nomina vi è poi anche il fatto che non possono essere iscritte ipoteche giudiziali sui beni ereditari, neppure sulla base delle sentenze pronunciate anteriormente alla morte del debitore.
L’obiettivo della norma è quello di mantenere la par condicio creditorum: il patrimonio dell’eredità giacente è infatti un patrimonio separato, destinato alla liquidazione. Dunque, non sarebbe giustificabile che alcuni creditori, attraverso l’iscrizione dell’ipoteca, costituiscano a proprio vantaggio una causa legittima di prelazione.
Insomma, con la nomina di un curatore dell’eredità giacente:
- il chiamato o i chiamati non possono esperire azioni possessorie o atti conservativi
- non si possono iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari, anche se le sentenze dovessero essere pronunciate anteriormente alla morte del debitore
- in caso di liquidazione concorsuale i creditori non possono promuovere procedure esecutive sui beni dell’eredità.
Come si nomina il curatore dell’eredità giacente
La nomina del curatore dell’eredità giacente si nomina mediante ricorso che deve essere presentato al tribunale del luogo in cui è stata aperta la successione.
A quel punto, il tribunale decide sul ricorso presentato dalla parte interessata mediante decreto di nomina. Il decreto sarà quindi notificato a cura del cancelliere al curatore nel termine stabilito dal decreto. Quindi, il decreto sarà pubblicato per estratto in Gazzetta Ufficiale e iscritto nel registro delle successioni. Contro il decreto è previsto il reclamo.
Una volta che il curatore ha ricevuto dal cancelliere il decreto di nomina, dovrà prestare giuramento davanti al giudice dell’esecuzione di custodire e amministrare fedelmente i beni dell’eredità. Solamente con questa accettazione dell’incarico il curatore potrà iniziare con l’esercizio delle sue funzioni.